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Perché “Will” resta l’esperimento giornalistico più interessante del 2020

“Will” nasce all’inizio del 2020 con un obiettivo chiaro: parlare di economia, politica, attualità e altri temi seri in maniera competente e leggera, direttamente su Instagram. Il tutto per intercettare e riunire una domanda di informazione che viene da giovani e giovanissimi che utilizzano (o utilizzerebbero) questo social anche per informarsi.

Quasi 400mila follower in meno di sei mesi, due podcast e, soprattutto, la capacità di attrarre un capitale di investimento di 1,2 milioni di euro.

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Sembrava l’impresa delle meraviglie: un’idea vincente, realizzata con cura e promossa da due giovani, Imen Boulahrajane (nota online come divulgatrice economica con il nick @imenjane) e Alessandro Tommasi (startupper, ex Airbnb). Quando abbiamo iniziato a parlare di Instagram su questo blog – parlando di sensostrumenti ed esempi – avevamo già osservato come realtà nuove, come Will appunto, avessero dimostrato di essere capaci di leggere le potenzialità di questo mezzo meglio dei giornali tradizionali.

Il caso “Imen Jane”, co-fondatrice di Will Media

Nel frattempo, però, la fondatrice di Will, Imen Jane, è stata protagonista da una brutta vicenda che rischia di provocare un danno reputazionale grave anche al progetto. Facendo una breve digressione, la questione è semplice: Imen, 25enne varesotta, ha dichiarato in alcune interviste e lasciato intendere in altre occasioni di essere laureata in Economia Aziendale all’Università Bicocca di Milano. “Un’economista che non sa risparmiare”, si leggeva sulla sua bio di Instagram, mentre più di una volta ha ricordato che non si poteva considerare un’economista tout court – titolo per cui è necessario aver conseguito un dottorato.

Un articolo pubblicato su Dagospia ha, però, svelato il fatto che la giovane non avesse (ancora per lo meno) completato gli studi triennali, una situazione confermata dalla stessa Imen su Instagram. Immediata anche la reazione di Tommasi che, dal profilo di Will, ha spiegato che la cofondatrice non era più parte di Will Media e che sarà riaccolta a bordo del progetto una volta terminati gli studi.

Non siamo qui, naturalmente, per giudicare la condotta di Imen, ma per ragionare sulla creatura che ha contributo a far nascere. Un progetto profondamente innovativo e che resta un caso di studio molto interessante. Il fatto stesso che lo “scandalo” che ha coinvolto la fondatrice non abbia comportato un calo di follower ed engagement (che, al contrario, continuano a crescere) è indicatore del fatto che la “creatura” è già solida. Elemento che la rende, dal punto di vista dell’osservatore, ancor più degno di nota.

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La forza di Will, che fa informazione su Instagram

 

 

Si può essere autorevoli anche con una comunicazione più leggera e al passo coi tempi. Dobbiamo prendere atto che sono cambiate le abitudini, prima si guardava la TV o si leggevano i giornali di carta, adesso si va sui social. Ma non è cambiata l’esigenza di informazione, la gente ha bisogno di sapere e non condivido il pessimismo sul futuro del giornalismo. Bisogna solo riuscire a declinare l’informazione su più piattaforme”.

In un’intervista a Start Up Italia, a poche settimane dal lancio di Will, così Imen Jane definiva il contesto in cui ha preso vita il progetto lanciato assieme a Alessandro Tommasi. Un’analisi che consente di mettere in evidenza il primo aspetto che rende Will Media così interessante: la capacità di adattarsi alle piattaforme digitali senza forzare necessariamente il contenuto, ma facendo in modo che venga presentato in maniera naturale.

Forti anche del grande seguito che Imen Jane già aveva a livello personale, molte delle informazioni e delle notizie vengono date e raccontate attraverso le Instagram Stories. Ma in questi mesi la strategia si è evoluta arricchendosi di contenuti più duraturi – come i video per la IGTV – e infografiche con testo pubblicate nel feed. Ci sono molte parole in Will, parole che raccontano una notizia e forniscono spesso le fonti utilizzate per permettere all’utente di approfondire a sua volta la notizia.

Il team è composto da giovani professionisti e professioniste di età media attorno ai 25/26 anni, formatisi in Italia e all’estero, uomini e donne. Sono giornalisti che non hanno remore a “metterci la faccia”, e che raccontano allo smartphone in maniera chiara e diretta qual è la notizia e l’argomento del giorno. Sono efficaci perché utilizzano un linguaggio preciso, ma semplice, completo e contemporaneamente chiaro. Un aspetto che ha attirato l’attenzione di un pubblico non interamente parte della “Generazione Z”, ma anche più adulto, attratto da una modalità nuova, immediata e agile di fruire della notizia.

È grande anche il lavoro di social media management. L’identità grafica del “brand” Will è molto curata e ogni post è strutturato in maniera tale che sia immediatamente riconducibile alla fonte. Anche le semplici stories “parlate” vengono inquadrate in una cornice dello stesso arancione del logo a sottolineare questa continuità.

Infine, il modello di business è quello del “branded content“. Come riporta Repubblica, il primo “seed round” di finanziamento ha portato a raccogliere circa 1,2 milioni di euro da vari soggetti tra cui Francesco Fumagalli, investitore di private equity, Davide Dattoli, founder di Talent Garden, e altri imprenditori, angel investor e family office. Una cifra considerevole per un progetto appena agli inizi, su cui naturalmente sarà da vedere l’impatto di quanto accaduto in queste settimane. Questione che, però, non rende meno interessante e degna di nota l’azione fatta da (molti non) giornalisti su una piattaforma che, in questo momento, rappresenta l’innovazione del fare informazione.

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