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Il Festival del giornalismo ambientale: intervista a Roberto Giovannini

Ambiente, sostenibilità ed efficienza energetica stanno diventando la base per la rinascita economica. Da qui il bisogno di un’informazione che sia corretta ed approfondita, risultato di una sinergia tra mondo scientifico e media. Per approfondire l’argomento, in autunno è in programma il primo festival del giornalismo ambientale: l’appuntamento è al Maxxi di Roma dal 19 al 21 novembre.

Abbiamo incontrato Roberto Giovannini, giornalista della Stampa, direttore di Tuttogreen e presidente della Federazione italiana dei media ambientali (FIMA), organismo che promuove il festival. Giovannini si occupa da quarant’anni di economia e società, di energia, ambiente, green economy e tecnologia. Ha seguito, in qualità di inviato, le conferenze sul cambiamento climatico dal 2009 in poi, l’emergenza nucleare in Giappone dopo il terremoto del 2011, i problemi della cooperazione e dello sviluppo in Ghana e Sudafrica, la situazione dei rifugiati ambientali in Bangladesh.

Come è nata l’idea di un festival dedicato al giornalismo ambientale?

“L’iniziativa è nata grazie alla cooperazione tra il Ministero dell’Ambiente, l’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie), l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e FIMA. Il festival si sarebbe dovuto tenere nel mese di marzo, ma la crisi sanitaria ci ha costretto a posticiparlo in autunno. Istituzionalmente, il compito di FIMA è promuovere e diffondere il valore ed il ruolo del giornalismo ambientale nella società.

Si tratta di un settore con una sua specificità, un suo rilievo, perché affronta quello che, secondo me, è il tema dei temi: l’ambiente, snodo decisivo nella vita di tutti noi. Penso ci sia bisogno di giornalisti competenti e professionali, per questo il festival si propone come un percorso di formazione ed approfondimento. L’obiettivo è anche quello di dare dignità ad un giornalismo fatto di impegno sociale, fondamentale, a maggior ragione, in un momento come quello che stiamo vivendo”.

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Qual è lo stato dei giornali italiani che si occupano di ambiente?

“Partiamo con una distinzione: esistono testate giornalistiche che si occupano di ambiente a 360 gradi, dunque fanno informazione ambientale specializzata. Poi, c’è il mondo del giornalismo tradizionale, di cui faccio parte. La stampa mainstream affronta, tra i tanti argomenti, anche quello dell’ambiente e sta iniziando a dare segnali positivi – non ancora sufficienti – in tema di ambiente, che finalmente ottiene un po’ di spazio. Non in tono scandalistico, non soltanto quando c’è un fatto grave di inquinamento, o un evento catastrofico.

Noi della Stampa siamo stati tra i primi a crederci, inizialmente sulla carta, poi sulla carta e online, ora siamo soltanto online. Altri esempi da seguire sono Repubblica Green, il canale di Repubblica dedicato all’ambiente; Pianeta 2020, l’inchiesta del Corriere della Sera che promuove la sostenibilità con iniziative dislocate in tutta la Penisola; Sostenibilità, il portale del Sole 24 Ore dedicato alla green economy. L’editoria tradizionale è in crisi, non c’è dubbio. Con l’emergenza abbiamo visto la chiusura delle edicole. Ma prima del Coronavirus, il movimento Fridays for future ha mosso le nuove generazioni, che sono i nostri futuri lettori. Ho fiducia nei giovani che considero nativi ambientali”.

Il ruolo del giornalista ambientale oggi: figura ibrida tra scienza e creatività. Come si dovrebbe formare?

“Il lavoro del giornalista ambientale si fa, soprattutto, per passione. Si diventa giornalisti ambientali spinti dalla speranza di contribuire a risolvere la questione del nostro secolo. Dopodiché, la formazione è fondamentale, può avvenire nelle scuole di giornalismo, ma anche in ambienti meno istituzionali. Come FIMA, abbiamo avviato percorsi che colmino le voragini dell’impreparazione, della superficialità, della mancanza di conoscenze in questo settore delicato. Così, attraverso cicli di lezioni, formiamo i giornalisti più giovani, che sono mossi da un interesse profondo della causa ambientale, ma hanno bisogno di strumenti”.

Che cos’è il “Patto per la comunicazione ambientale”?

“Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha promosso il Patto, consultando istituzioni e giornalisti, per un progetto comune, fatto di idee e proposte concrete, per dare la massima visibilità ai temi ambientali, dai cambiamenti climatici all’inquinamento urbano, alla sostenibilità. L’obiettivo è che questo Patto venga sottoscritto dal più alto numero di testate ed editori. Le tematiche ambientali non sono più un interesse soltanto degli scienziati, ma dell’intera società. Tutte le scelte politiche ed economiche devono fare i conti con la salute del pianeta. Noi giornalisti ambientali, e non solo, siamo carichi di una responsabilità verso i cittadini, perché con il nostro lavoro si viene a conoscenza degli sviluppi in atto. Il festival e il Patto per la comunicazione ambientale sono due passi fondamentali”.

Tuttogreen è il mensile della Stampa che dirige. Quanto conta la comunicazione online nella vostra redazione?

“E’ alla base di qualsiasi giornale. La Stampa ha scelto, da tempo, di convertirsi al digitale, non come semplice copia delle notizie che escono sulla carta. E anche Tuttogreen si aggiorna quotidianamente almeno quattro volte, perciò siamo immersi nella logica del digital first”.

L’emergenza Coronavirus ha insegnato a rispettare di più l’ambiente?

 

 

“Siamo di fronte ad un bivio. Questa crisi nasce, in parte, a causa di problemi ambientali. La sfida ambientale, secondo me, è la sfida di oggi. Possiamo avviarci verso la ripresa con le categorie del passato, oppure tenere conto della finitezza delle risorse naturali. Da questa emergenza sanitaria dobbiamo uscire scommettendo sul fossile o sul green. Sta a noi scegliere!”.

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