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Come si racconta sui media la violenza contro le donne

È appena trascorsa la Giornata mondiale contro la violenza di genere, istituita dalle Nazioni Unite nel dicembre 1999.

La cronaca, tuttavia, non si placa, perché anche in occasione del 25 novembre due donne sono state uccise dai propri compagni, una in Veneto, l’altra in Calabria.

Nel 2020 le chiamate al numero verde anti-violenza, secondo i dati Istat, sono aumentate del 120 per cento. Se nel 2019 le principali vittime avevano tra i 31 e i 44 anni, in tempo di pandemia sono le donne over 65 in testa alla dolorosa classifica.

I media, purtroppo, non sempre trattano l’argomento in modo equilibrato. Nell’ultima settimana, su Facebook è diventato virale il post pubblicato da un’emittente televisiva locale, in cui si comunica la notizia di un femminicidio, utilizzando l’ennesima narrazione sbagliata. Non c’è quasi traccia della vittima, l’avvocatessa Veronica Stile, se non descrivendola come “donna gentile e moglie innamorata”. Tutto lo spazio si dedica al marito, “brillante imprenditore, ex calciatore ed anticipatore dei tempi”. Il pezzo cita, addirittura, il suocero della vittima per sottolineare l’ottima provenienza sociale dell’assassino.

Un corso per superare il linguaggio sessista

È tempo di rinnovare quel codice narrativo che indugia sui problemi dei colpevoli, dimenticando il calvario delle parti lese. Per questo l’Ordine nazionale dei giornalisti, nell’ambito della formazione continua per la categoria, ha organizzato, di recente, il primo corso di aggiornamento dedicato alla cronaca del femminicidio.

Tre lezioni online, tenute da altrettante esperte: Monia Azzalini, ricercatrice responsabile del settore Media e gender dell’Osservatorio di Pavia, Pina Lalli, ordinaria in Sociologia presso l’università di Bologna, Silvia Garambois, giornalista di lungo corso e presidente dell’associazione Giulia.

Associazione Giulia, acronimo di Giornaliste unite, libere e autonome

Ciò che balza all’occhio sono i dati scoraggianti che emergono dalle analisi condotte. Attraverso un attento monitoraggio di mezzi di comunicazione tradizionali e digitali, le studiose hanno rilevato che le donne sono presenti sui media in piccola percentuale (24 per cento), mentre gli uomini giocano da protagonisti, raggiungendo la vetta del 76 per cento.

È ancora poco lo spazio dedicato, soprattutto sul cartaceo, al fenomeno del femminicidio. Soltanto il 37 per cento dei casi ha risonanza, ma non tutte le storie sono raccontate allo stesso modo. Quando muore una donna anziana, non se ne parla quasi mai, se non per giustificare il marito, “malato di demenza senile”, anche in assenza di una reale diagnosi. Quando a mancare è una donna giovane, invece, il femminicidio trova spazio soprattutto se ha contorni morbosi. Di solito, si trasforma la storia in notizia, si scava nel passato del colpevole, si inventano spiegazioni che fanno rabbrividire gli esperti, come “raptus di gelosia”, un fenomeno che, secondo la maggior parte degli psichiatri, non esiste.

Illustrazione di Anarkikka

Per superare gli stereotipi di genere e adottare un linguaggio corretto, i giornalisti avevano già redatto nel 2017 il Manifesto di Venezia, un decalogo che, evidentemente, ancora pochi applicano. E la conferma dell’invisibilità delle donne sui media ci è stata data in occasione dell’ultima Giornata mondiale contro la violenza di genere: nessun cenno alla ricorrenza e al femminicidio sulla prima pagina del Foglio, del Tempo, del Fatto quotidiano, del Giornale, della Verità, di Libero.

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Il quotidiano La Stampa in prima fila contro la violenza sulle donne

Secondo Primaonline.it, Massimo Giannini, direttore della Stampa, è uno dei pochi giornalisti che, assieme alla redazione, abbia dato un segnale forte, andando oltre la doverosa registrazione della Giornata. Quattro pagine dedicate alla violenza contro le donne, un titolo significativo, “Codice rosso” e articoli di Michela Marzano, Elsa Fornero, Linda Laura Sabbadini. Un ampio spazio alle “Sessanta vittime che dovevamo proteggere”, cioè le sessanta donne uccise nel 2020 per mano di un uomo.

La sensibilità di Giannini si era manifestata già lo scorso aprile, nella scelta di collocare tre donne al vertice del quotidiano, Francesca Schianchi, Francesca Paci e Maria Rosa Tomasello, e di impegnarsi a pubblicare in prima pagina almeno due articoli al giorno scritti da donne.

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