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Andrea Campelli di COREPLA: gli slogan non sono giornalismo
Continuano le interviste a esperti della comunicazione di settore. È il turno di riciclo e sostenibilità con Andrea Campelli, direttore Comunicazione e Relazioni Esterne di COREPLA (Consorzio Nazionale per la Raccolta, il Riciclo e il Recupero degli Imballaggi in Plastica).
Come sempre siamo partiti dalla storia comunicativa del tema, toccando il dannoso fenomeno del greenwashing, criticando la velocità e superficialità di social network e influencer.
Quando si è iniziato a comunicare i temi del riciclo e della sostenibilità?
“Il percorso della comunicazione sui temi della sostenibilità è cominciato, in maniera strutturata, verso la fine degli anni ’90, passando dal racconto di attività di Corporate Social Responsibility ad una descrizione più ampia di ciò che le aziende facevano per ridurre l’impatto delle proprie attività sull’ambiente, una sorta di compensazione finalizzata fondamentalmente a far percepire l’azienda, soprattutto le multinazionali, come attente dalla tutela dell’ambiente. Tutto ciò è stato sufficiente fino a quando si è sviluppato in tutto il mondo il concetto della sostenibilità nelle tre accezioni: non solo ambiente ma anche società ed economia. Questo allargamento ha portato le aziende a considerare l’impatto delle proprie attività su molti aspetti, spostando dall’ottica di ‘compensazione’ a quella di ‘produzione sostenibile’. Oggi la comunicazione aziendale deve toccare tutti i punti della filiera, dai metodi di produzione al corretto smaltimento dei materiali di packaging. In questo processo sinteticamente descritto, si è creata la distorsione del fenomeno del greenwashing, minando la credibilità di molta parte della attuale comunicazione sulla sostenibilità”.
Come è approdato a questo settore?
“Ho cominciato a lavorare su questi temi in Unilever che è stata la prima grande multinazionale del largo consumo ad avviare un programma globale sulla sostenibilità, misurando l’impatto della propria produzione e distribuzione ed operando drastici cambiamenti per migliorare il profilo di sostenibilità dell’impresa. Me ne sono successivamente attivamente occupato in Conad, perché la GDO ha un forte impatto sulla sostenibilità: con piccoli e medi fornitori locali, sia di marca che PL, con i territori su cui opera con la forma cooperativa, con le decine di migliaia di dipendenti in Italia ed infine con una attività commerciale che, per consumi di risorse, è molto impattante dal punto di vista ambientale. Poi me ne sono occupato in Tetra Pak, multinazionale del packaging che ha sempre fatto della sostenibilità la propria strategia comunicativa, ed ora in Corepla, con il profilo e la credibilità istituzionale di chi, da 25 anni, fa del riciclo la propria essenza. Il lavoro attuale consiste proprio nel diffondere la conoscenza su alcune tematiche complesse, sfatare fake news semplicistiche e raccontare le buone pratiche del settore del riciclo, eccellenza italiana”.
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Secondo lei qual è il focus della comunicazione odierna nel mondo del riciclo/ambiente/sostenibilità?
“Dopo le direttive europee sulla rendicontazione e sul bilancio di sostenibilità e l’introduzione dei criteri ESG, la comunicazione sulla sostenibilità diventa non solo un’opportunità ma un obbligo. Il focus di oggi è sulla riciclabilità del packaging dal punto di vista ambientale, sulla supply chain e trattamento dei lavoratori dal punto di vista sociale e su inclusività e parità di genere per le tematiche di governance aziendale”.
Come si mantiene vivo l’interesse dei giornalisti sul tema?
“Non banalizzandolo e andando in profondità sui temi. Si dice faccia più rumore un albero che cade di una foresta che cresce ed è necessario un racconto giornalistico, serio ed approfondito, sulle tante foreste aziendali e individuali che crescono”.
Comunicazione con i giornalisti generalisti e di settore: quando rivolgersi agli uni e quando agli altri?
“La materia della sostenibilità è ampia e complessa, a volte il giornalismo generalista appiattisce un po’ il linguaggio e la narrazione per renderla più universale, ma col rischio di privilegiare la velocità all’accuratezza “.
Giornalisti e influencer: esistono influencer nel vostro settore?
“I social, con la loro esigenza di rapidità e di condivisione, hanno fatto parecchi danni alla comunicazione e in definitiva all’ambientalismo vero, sostituendo analisi, studi, approfondimenti, dibattiti, a slogan o immagini. È stata alimentata una narrazione manichea e banale, necessaria al dualismo buoni/cattivi, like/dislike, con la conseguenza di non informare correttamente ma diffondere convinzioni, di non proporre soluzioni realistiche, ma di ideologizzare il dibattito. Per quanto riguarda i cosiddetti ‘influencer’, mondo che guardo con grande diffidenza sia personale che professionali, direi che sui temi della sostenibilità esistono persone o aziende credibili che hanno un’influenza su altri proprio perché si sono costruiti nel tempo, con studio e correttezza, una solida reputazione. Altri sono portatori di slogan e banalità, che scrivono frasi ad effetto ed utilizzano la sostenibilità come una moda”.
Ci può fare un esempio virtuoso di comunicazione su riciclo/ambiente/sostenibilità?
“Sono molto soddisfatto della nostra campagna stampa ‘Corepla ringrazia l’Italia’, ideata insieme a Lorenzo Marini, perché incarna bene i nostri valori e la nostra missione: diffondere la cultura del riciclo e dell’economia circolare in un’ottica di collaborazione tra cittadini, Istituzioni e imprese. Un concetto di circolarità non ideologico ma concreto, fattivo e realizzabile. Con la collaborazione di tutti”.
Cosa vede nel futuro della comunicazione sul riciclo/ambiente/sostenibilità?
“Credo che nei prossimi anni assisteremo ad una maggiore regolamentazione della comunicazione, per evitare fenomeni di greenwashing e per dare dimostrazioni concrete e misurabili di ciò che si racconta. L’Europa ha già cominciato con la direttiva sul greenwashing, ma occorre una vigilanza forte delle autorità nazionali e, per i consumatori/cittadini il diritto (e dovere) di informarsi correttamente per fare scelte ancora più consapevoli. Credo e spero che la parola sostenibilità si riempia di contenuti, concretezza, misurabilità”.
Barbara Amoroso Donatti
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