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L’informazione online: intervista a Gianluca Lomuto

Tempi di Coronavirus, in cui tutta la nostra vita è cambiata enormemente. E tra quelle cose che si sono trasformate, c’è anche il mondo dell’informazione. Non avremmo mai pensato di seguire le conferenze stampa del Presidente con la stessa attenzione con cui seguiamo i Mondiali di calcio, eppure l’abbiamo fatto.

Come ha vissuto questo periodo chi lavora nel campo dell’informazione? Abbiamo intervistato Gianluca Lomuto, vicedirettore di Il Quotidiano Italiano – redazione di Bari, per comprendere come un quotidiano online, dai numeri più che ragguardevoli, abbia vissuto il lockdown e come si stia preparando alla “fase 2”.

Partiamo dalle basi. Com’è cambiato il tuo lavoro in questo periodo?

“Prima che dalle basi, devo partire da un presupposto: l’emergenza in Italia non si è verificata in maniera uniforme ma, pur lavorando in un giornale locale del Sud, ce ne siamo occupati quasi subito: c’erano i primi casi in Lombardia, gli italiani bloccati sulle navi da crociera, abbiamo intuito che sarebbe arrivata molto presto anche da noi, l’unica cosa che non si poteva prevedere era la portata di questa situazione.

Nella seconda metà di febbraio abbiamo saputo che una persona molto vicina alla nostra redazione era stata a stretto contatto con un possibile caso di Coronavirus nel Lazio. A quel punto, senza nemmeno aspettare l’esito dei tamponi, abbiamo preso la decisione di lavorare da remoto, più o meno due settimane prima del lockdown.

A livello professionale questa scelta ha comportato un po’ di rinunce: non siamo andati negli ospedali a vedere i reparti Covid, a parlare con i malati o a capire come stessero lavorando i medici, per esempio, e l’abbiamo pure detto, abbiamo scritto un paio di pezzi al riguardo”.

Gianluca Lomuto, giornalista e vicedirettore del Quotidiano Italiano

Qual è la mission di Quotidiano italiano?

“La grande forza del nostro giornale sono le fonti, le tantissime segnalazioni che ci arrivano. Ad esempio, recentemente siamo stati i primi ad uscire con la notizia dell’aggressione subita dal personale di un ospedale qui a Bari, notizia confermata nel pomeriggio dalla Asl.

In questo periodo il flusso delle informazioni ha subito un’accelerazione pazzesca, sono saltati schemi, orari. L’anno scorso, quando eravamo in tre, abbiamo chiuso con una media di quasi 2 milioni di pagine viste al mese; a marzo di quest’anno siamo arrivati a 5 milioni e 250mila, il nostro canale Youtube ha superato i 125mila iscritti.

La vita professionalmente è cambiata, certo, ma consideriamo che, anche prima del Coronavirus, per scelta, non andavamo a coprire direttamente quegli eventi dove sarebbero stati presenti decine e decine di colleghi. Dobbiamo dosare le energie e le risorse, così raccontiamo altre cose, storie nostre, che costituiscono poi la maggior parte delle nostre pubblicazioni.

Durante il lockdown l’imperativo era restare a casa, eppure c’è chi è andato a seguire cerimonie, commemorazioni trasmesse in diretta streaming, ci sono le immagini di assembramenti tra colleghi della stampa, anche di questo abbiamo scritto. Non mi permetto di fare la morale a nessuno, è una questione di scelte, noi abbiamo preferito evitare”.

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Avete una redazione stretta, perciò siete abituati a selezionare le uscite, ma non le notizie.

“Fondamentalmente sì, forse in questo siamo stati avvantaggiati rispetto agli altri perché, già normalmente, lavoriamo in questo modo, con uscite mirate. Considerate che ora siamo quattro giornalisti, con un operatore entrato da poco nella squadra. In tempi di maggiore espansione della redazione eravamo 5 giornalisti e 2 cameraman, un intero anno siamo stati tre penne e mezzo cameraman. Il solo modo per pubblicare un giornale ricco di contenuti originali è cercare di avere occhi, orecchie e naso dappertutto. Vi assicuro che noi buttiamo nel cestino milioni di cose, con la redazione così snella dobbiamo operare delle scelte, ma continuiamo in questo modo.

Il giornale c’è, è vivo, a livello di contenuti, ha entusiasmo e voglia di fare. Gli investimenti pubblicitari sono calati, com’è ovvio, con lo stop forzato di tutte le attività non essenziali, senza entrare nel merito della polemica in proposito, l’economia ha subito una brusca frenata, diciamo pure che è andata proprio a sbattere. Adesso vedremo cosa evolverà. Del resto, il dramma Coronavirus sta finendo”.

Che succederà?

“Beh, l’effetto del Coronavirus sta già finendo, l’essere umano si abitua a tutto, anche al peggio. E ora ci siamo abituati anche a questo. Gli esperti confermano che col virus dovremo conviverci.

L’informazione stessa si è evoluta con la malattia.

All’inizio le persone volevano sapere e conoscere tutto, hanno cercato informazioni ovunque per tentare di capire questo virus. Adesso che si conosce meglio si cerca anche altro.

Poi c’è il solito fenomeno italiano: se prima eravamo 60 milioni di CT, ora siamo tutti virologi o esperti di statistica. Ho letto sui social discussioni vivaci su indice R0, numero di tamponi, letalità e mortalità di questo virus tra laureati all’università della strada che farebbero impallidire premi Nobel. Intanto, l’informazione è cambiata e cambierà di nuovo. Di sicuro i media tradizionali escono vincitori da questa battaglia”.

Ti riferisci a tv e giornali cartacei?

“La tv esce come la grande vincitrice di questo periodo. Gli ascolti sono schizzati alle stelle. Lo schermo è rimasto acceso h24 in casa di tutti, costantemente su RaiNews24 o Skytg24. Anche i giornali cartacei hanno venduto di più. E devo dire che hanno svolto un eccellente lavoro di approfondimento che solo i media tradizionali possono fare.

Blog e testate online stanno sul pezzo e danno la notizia, ma fanno più fatica a stare dietro perché, subito dopo il lancio della news, il lettore vuole già qualcosa di nuovo. La tv e il cartaceo hanno tempi diversi, possono permettersi di fermarsi un attimo e riflettere. D’altronde, sono anche più preparati nel farlo, almeno in teoria. In altri Paesi, però, dove la rivoluzione digitale è partita prima rispetto all’Italia e il discorso è diverso”.

Ci sono state particolari iniziative a livello giornalistico che ti hanno colpito?

“Ho apprezzato il fatto che siano caduti alcuni muri, che alcuni giornali abbiano permesso a tutti di accedere all’informazione, supportando un bisogno collettivo di essere il più possibile aggiornati e informati.

C’è anche stato chi ne ha approfittato per fare business, com’è naturale che sia, inaugurando abbonamenti, campagne e così via; noi non lo abbiamo fatto, ma d’altronde sono anni che ragioniamo su crowdfunding e attività simili”.

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Una domanda di stile: che cosa pensi dei discorsi del Presidente Conte?

“In generale, la comunicazione di questa pandemia è stata gestita malissimo. Da cittadino, e non da giornalista, vi dirò che non ho capito perché la Protezione Civile abbia smesso di tenere la sua conferenza stampa quotidiana e il Commissario Arcuri no, o perché Zaia e Fontana siano riusciti a farla tutti i giorni alla stessa ora, mentre in Puglia i bollettini arrivano più o meno quando capitava, con i dati diffusi dalla Regione che per lungo tempo sono stati diversi rispetto a quelli divulgati dalla Protezione Civile, creando ancora maggiore confusione e incoerenza.

La grave carenza di questa crisi è stata la mancanza di uniformità nell’informazione, si sarebbero dovute trovare delle linee guida per evitare caos, sull’uso delle mascherine, quali e quando metterle. Purtroppo, la comunicazione è cambiata duecento volte. Soprattutto all’inizio, quando le mascherine erano introvabili, è stato detto che si potevano fare praticamente con tutto… personalmente non ho mai pensato di mettermi in faccia della carta forno!

Vero è anche che all’inizio il virus era sconosciuto, si sapeva poco, ed effettivamente la comunicazione è andata modificandosi, ma secondo me il problema è stato la mancanza di una linea comune, che avrebbe evitato il contesto disordinato, disorganico, nel quale ci siamo trovati”.

Un errore commesso dal mondo dell’informazione?

“In questo contesto, sono stati commessi errori gravissimi, come aver fatto trapelare la bozza del primo decreto. Le immagini della gente in fuga da Milano le abbiamo viste tutti. Vi dirò, comunque, che non ho trovato i discorsi di Conte poco comprensibili o ondivaghi, qualche uscita se la sarebbe potuta risparmiare, ma in generale ritengo siano stati all’altezza degli eventi e credo l’abbia dimostrata anche la grande attenzione che hanno ricevuto”.

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